25/01/2016
I làpis del professore.
Sabato, una scatola in metallo abbandonata sulla panchina all’ingresso di piazza San Pancrazio… al suo interno, tre pennarelli colorati, una stilo, un bianchetto, una gomma da cancellare molto consumata, un temperino in metallo e tanti mozziconi di matita… tutti uguali e rigorosamente appuntiti.
Poi, nel sottofondo, un rettangolino di carta ben stirata su cui una grafia nitida e precisa ha tracciato un numero di telefono: “Pronto, buongiorno, sono dell’Associazione per Villa Pamphilj, avrei trovato un astuccio…”
“Grazie, grazie – mi risponde una voce di donna – lui era così preoccupato, è tornato due volte a cercarlo, ora non c’è, mi dia il suo numero, la faccio richiamare come torna… grazie, grazie, grazie!!!”.
L’ho incontrato ieri sera: minuto, l’aria un po’ svagata mentre rincorre da sotto gli occhiali le linee dell’androne dove è in attesa, le mani affondate in un lungo cappotto, i modi cortesi e la voce modulata: “Grazie di averlo trovato, lei è stato gentilissimo…” e quasi si schernisce quando io, curioso, gli chiedo di tutte quelle matite ben curate: cos’è un disegnatore, uno scrittore, un appassionato di… “Sono un professore, mi piace venire a villa per leggere, e poi annotare qualcosa, con il làpis, di fianco sul testo…”.
Quando ha saputo che siamo quelli dei fiori, del muro dipinto, della difesa della villa voleva regalarci qualcosa perchè “Mi sembra giusto, avete ritrovato il mio astuccio, e questo può servire per sostenere le vostre iniziative… “: grazie professore, oggi non ce n’è bisogno, ché aver incontrato una persona così, fuori dal tempo, pulita ed ancora sognante, con quei suoi làpis, corti e ben appuntiti, quella sua panchina, le letture… è il sogno della villa Pamphilj di un tempo, prima delle brutture e del degrado di cui vi parliamo continuamente, è una sensazione di serenità interiore… e tutto, in punta di làpis!