08/09/2022
“Pericolo scampato.”
Il laghetto del Giglio torna a “respirare”: adesso sì che possiamo dirlo. Finalmente sono arrivate le piogge, il caldo non è più così opprimente e le ore di luce si stanno via via riducendo.
Ma davvero ad un certo punto abbiamo temuto il peggio: gli animali se la sono vista brutta e quel che è dispiace di più è che dall’Amministrazione non c’è stato l’interessamento sperato.
Chiariamo subito una cosa: non è facile intervenire in questi casi. In questo periodo abbiamo avuto modo di sentire tanti suggerimenti, alcuni francamente di impossibile realizzazione.
Sappiamo bene che l’acqua proviene dal lago di Bracciano, che non ci sono rubinetti da aprire ulteriormente (salvo il fatto che si poteva piuttosto chiudere la fontana della Lumaca, così da far arrivare forse un pochino di acqua in più) e che non esistono collegamenti diretti tra le fontanelle della villa e il laghetto del Giglio.
Ma anche un’altra soluzione, proposta da molti è praticamente impossibile. Parliamo di quella che suggeriva di riempire il laghetto d’acqua utilizzando delle autobotti: per farvi un’idea, il nostro amico Fabrizio ha provato a fare un calcolo per vedere all’incirca di quali numeri stiamo parlando. Premettiamo che i numeri non sono sicuramente precisi al “millimetro”.
Per prima cosa Fabrizio ha calcolato la grandezza del laghetto del Giglio, la sua superficie dovrebbe essere di 1.477 mq. Questa estate nella parte bassa del lago sono mancati, all’incirca, 80/100 cm di acqua mentre nella parte alta 40/50 cm. Consideriamo che 10 cm di acqua corrispondono a 1.477 mc, con un’autobotte che può contenere 10.000 litri, ovvero 10mc, per riempire quei 10 centimetri servirebbero qualcosa come147 autobotti… e avremmo riempito solo 10 cm!
Quindi per “sanare” 50/100 centimetri di acqua sarebbero serviti decine e decine di autobotti… insomma capirete da soli che sarebbe stata un’opzione impossibile.
Ma quindi cosa si poteva fare, e nel caso cosa si potrà fare se si dovessero verificare criticità analoghe?
Principalmente occorrerebbe un tavolo tecnico creato per questo genere di emergenze: gli “attori” invitati a partecipare dovrebbero essere esattamente gli stessi a cui per primi abbiamo inviato una lettera di allarme. Ovvero parliamo del Dipartimento Ambiente, l’ACEA, l’Ufficio Benessere degli Animali del Comune di Roma, l’ASL di competenza e la Sovrintendenza Capitolina, e magari anche qualcun altro.
Non sappiamo se la prossima estate sarà calda come quella passata ma non vorremmo ritrovarci tutti qui a dover dire “E poi dite che non ve lo avevamo detto!”. Se ipoteticamente quindi vogliono organizzarsi per prevenire un’emergenza nel 2023 da adesso in poi hanno circa 10 mesi di tempo, che attenzione… passano velocemente quanto i cambiamenti climatici.
Nota a margine: quest’estate quella che è mancata è stata la “vicinanza” delle istituzioni ad un allarme lanciato da più parti.
Alle nostre lettere la risposta è stata sempre o quasi “non è di nostra responsabilità” (salvo la direzione dell’ASL2 che ringraziamo vivamente per la sensibilità dimostrata), ma il punto non è tanto questo, perché è ovvio che la quantità dell’acqua dipende dal Lago di Braccino, quello che è mancato è stato il “dialogo” con i cittadini e comunicazioni chiare e certe, con risposte ufficiali attraverso comunicati stampa o dichiarazioni puntuali e pertinenti.
Invece ci sono state solo un paio di affermazioni del calibro “stiamo seguendo con attenzione” ma francamente… da queste parti non si è visto nessuno!
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